Validità del verbale di conciliazione sindacale sottoscritto presso la sede aziendale
Con la sentenza n. 10065/2024 del 15 aprile la Corte di Cassazione si pronuncia sul caso relativo alla sottoscrizione di un verbale di conciliazione tra le parti presso la sede aziendale.
Successivamente, il lavoratore impugnava il verbale in quanto la presenza del rappresentante sindacale presso i locali dell’azienda non poteva sanare il difetto di neutralità del luogo di stipula dell’accordo.
La Suprema Corte ricorda come il legislatore abbia ritenuto necessaria una forma peculiare di “protezione” del lavoratore, realizzata attraverso la previsione dell’invalidità delle rinunzie e transazioni aventi ad oggetto diritti inderogabili e l’introduzione di un termine di decadenza per l’impugnativa, così da riservare al lavoratore la possibilità di riflettere sulla convenienza dell’atto compiuto e di ricevere consigli al riguardo.
L’assistenza prestata da rappresentanti sindacali deve essere effettiva e ha lo scopo di porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in che misura, così da consentire l’espressione di un consenso informato e consapevole.
I luoghi selezionati dal legislatore hanno carattere tassativo e non ammettono, pertanto, equipollenti, sia perché direttamente collegati all’organo deputato conciliazione e sia in ragione della finalità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro, estraneo al dominio e all’influenza della controparte datoriale.
Pertanto, la conciliazione in sede sindacale, ai sensi dell’art. 411, comma 3, c.p.c., non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest’ultima essere annoverata tra le sedi protette, avente il carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente alla assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore.