Illegittima la sospensione del lavoratore non vaccinato in assenza di verifica del possibile ricollocamento in altri ambiti lavorativi

10 Giugno 2022

Il Tribunale di Modena, con l’ordinanza dd. 1/6/2022, affrontava il caso di un’addetta alle pulizie presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria, non vaccinata, dichiarata “idonea alla mansione con limitazione – no mansione da svolgere in strutture sanitarie, socio sanitarie e socio assistenziali pubbliche e private”.

Di conseguenza la dipendente veniva sospesa dal lavoro e dalla retribuzione ai sensi del D.L. n. 44/2021.

Il Tribunale di Modena rileva come sia da ritenersi legittima e ragionevole la scelta legislativa che impone la temporanea sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del dipendente non vaccinato onde preservare l’incolumità degli utenti della struttura sanitaria e del personale dipendente.

Trattasi quindi di misura connotata da una evidente finalità precauzionale, in quanto diretta a prevenire la diffusione del contagio all’interno delle strutture sanitarie.

Tuttavia, il legislatore ha previsto la possibilità di reimpiegare in mansioni diverse – anche inferiori (cfr. comma 7, art. 4 D.L. 44/2021) i lavoratori per il periodo in cui la vaccinazione risulti omessa o differita.

Dunque, prima di procedere alla sospensione, il datore di lavoro deve verificare il ricollocamento del dipendente in altri ambienti lavorativi o l’affidamento di mansioni diverse da quelle assegnate al momento dell’assunzione.

La società non ha provato l’impossibilità di reimpiego della ricorrente in ambiti lavorativi non sanitari, né ha dimostrato l’assenza di altre posizioni aziendali compatibili con la tutela della salubrità dell’ambiente lavorativo.

Sotto tale profilo, il provvedimento di sospensione si appalesa illegittimo.

L’accertata illegittimità non può, tuttavia, condurre alla riammissione della ricorrente presso l’Azienda Ospedaliera di Modena, poiché non vi è prova che la lavoratrice abbia nel frattempo aderito alla campagna vaccinale.

Pertanto, la società viene condannata a ripristinare il rapporto di lavoro con la lavoratrice in strutture non sanitarie e/o con mansioni anche diverse da quelle affidate in sede di assunzione.

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