Inammissibilità ricorso Autorità Garante e relativa condanna alle spese
La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali e condanna l’Autorità al pagamento delle spese di lite (Cassazione civile sez. VI, 06/12/2021 n.38510).
📌 L’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea proponeva opposizione avverso l’ordinanza con la quale, in data 5/4/2018, il Garante per la protezione dei dati personali aveva ingiunto alla stessa il pagamento della somma di Euro 10.000,00, a titolo di sanzione amministrativa per l’inosservanza dell’obbligo di designazione dei soggetti che trattano i dati personali in qualità di incaricato del trattamento;
📌 Il Tribunale accoglieva l’opposizione in quanto fondata l’eccezione sollevata dall’opponente di intervenuta estinzione dell’obbligo di pagamento ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 6, sul rilievo che l’accertamento della violazione da parte del Garante si era completato in data 6/3/2015 mentre la sua contestazione era avvenuta solo in data 18/6/2015 e notificata il 25/6/2015 e, dunque, oltre il termine di novanta giorni dalla conclusione dell’attività ispettiva.
📌 Il Garante per la protezione dei dati personali ricorreva chiedendo la cassazione della sentenza adducendo come unico motivo la violazione o/o la falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c. in quanto il Tribunale non aveva preso in considerazione la complessità e la definitività dell’accertamento dell’illecito.
📌 La Suprema Corte dichiara il motivo infondato e condanna il Garante per la protezione dei dati personali al pagamento delle spese di lite per due motivi:
1) L’apprezzamento circa la complessità e la definitività dell’accertamento dell’illecito, ai fini del decorso del termine di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14, spetta al giudice di merito e non è sindacabile in cassazione se non per omesso esame di fatti decisivi risultanti della sentenza stessa;
2) Inoltre, in tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata della violazione, il momento dell’accertamento, in relazione al quale collocare il dies a quo del termine previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 2, per la notifica degli estremi di tale violazione, non coincide con quello in cui viene acquisito il fatto nella sua materialità da parte dell’autorità cui è stato trasmesso il rapporto, ma va individuato nel momento in cui detta autorità abbia acquisito e valutato tutti i dati indispensabili ai fini della verifica dell’esistenza della violazione segnalata, ovvero in quello in cui il tempo decorso non risulti ulteriormente giustificato dalla necessità di tale acquisizione e valutazione.